Ad
oggi, la figura del vampiro ha decisamente saturato il mercato, spogliando
queste antichissime creature del manto di fascino e mistero che la letteratura
in primis aveva saputo tessergli attorno. Un cambiamento silenzioso, quasi
notturno. Sembrano lontani anni luce i tempi del Dracula di Francis Ford
Coppola, ombra dilaniata da uno straziante ed umano dolore. I vampiri d’oggi
hanno seguito pari passo il cambiamento della società
che
è
andata
creandosi intorno a loro; società
che
li ha nutriti di stereotipi e capelli tinti, trasformandoli in adolescenti
immaturi.
Quanto
detto sopra, viene tranquillamente demolito da Jim Jarmusch, che nel suo “Only
lovers left alive” (non
splendidamente tradotto in “Solo gli amanti
sopravvivono”), ridona peso e dignità
ad
una categoria in netto declino.
La
storia ruota attorno alle esistenze di Adam e Eve (che hanno cessato di cercare
il loro Eden, da maturi e consumati viaggiatori del mondo), musicista
incredibilmente versatile ed ispirato lui, colta e raffinata lettrice lei. Lui
vive a Detroit, scolpendo musica sulle macerie del becero capitalismo umano,
lei a Tangeri, inebriata dal fascino del Cafè
mille
et une nuits. Adam e Eve sono sposati, e sono
vampiri. Questa è la
storia delle loro esistenze che si intrecciano, in una relazione che colora il
mondo da infiniti anni, senza pause. Vedremo anche Ava, sorella minore di Eve,
il cui unico obiettivo sembra quello di scompigliare le carte sul tavolo,
appena distribuite da un croupier divino. Ma il fulcro sono loro: coloro che
sanno amare. Ed è quasi
un amore purificatore, che cambia completamente le gerarchie mentali di un
mondo schizofrenico, che il tempo ha definitivamente sottomesso alla propria,
micidiale logica. Jarmusch racconta con dolce malinconia la deriva culturale a
cui ci siamo condannati, facendo attorno a noi terra bruciata, con l’unica
soluzione di morire assetati lentamente, quasi senza rendercene conto. Adam e
Eve diventano allora due messia, che con la loro musica e i loro libri gettano
germogli freschi e vivi su questo deserto; perché
loro,
in fondo, sanno che questo deserto è
la
culla del loro Amore.
E
proprio questo, insieme alla morte, è
il
tema che più mi ha colpito. Sono
temi trattati da Jarmusch in maniera totale, completa, avvolgente. Ogni singolo
interstizio di questi due grandi umani enigmi è
esplorato
a colpi di fotogrammi e di citazioni, grandi citazioni. L’amore
fra i due protagonisti è eterno,
questo è
ben
chiaro fin da subito, ma l’ardore scorre
rinnovato come il sangue nelle loro vene. Migliaia di km non separano i loro
respiri, nella musica di Adam possiamo sentire il palpito del cuore di Eve, e
negli occhi di Eve vediamo sempre Adam. Toccherà
ad
Eve correre dal suo amato in un etereo viaggio notturno (tema immancabile nei
film di Jarmusch) per tranquillizzare soprattutto se stessa. Assistiamo ad un
amore altamente poetico, silenzioso alla volte, ma capace di scatenare la
viscerale creatività di
Adam, e di placare le adescanti preoccupazioni di Eve. Ogni nota che fuoriesce
dagli strumenti di Lui, diventa parola d’amore
di un’eterna
poesia per Lei. Ogni pagina letta, sussurrata da Lei, diventa linfa vitale per
Lui. Il loro è un abbraccio
eterno, che sfugge a qualsiasi legge terrena, ed è
dunque
fuori dalla nostra comprensione. Ma accanto al disagio che proviamo per l’incapacità
di
spingerci ad un amore così estremo,
si fa strada in noi un vago sentimento di tranquillità
quasi
spirituale, di ringraziamento per questa enorme perla rossa che sembra scuotere
il mondo, che sembra gridare al miracolo di un fuoco di speranza che continuerà
a
scorrere nelle nostre vene.
La
morte, dicevamo. La morte è forse
il minore dei mali che può assillare
un vampiro, che vive isolato in una città
in
macerie. Invece per Adam è una
costante, una tentazione continua, un canto delle sirene che influenza ogni suo
passo. Dalla composizione di musica funebre che diventa ossessione, al distacco
con cui tratta i pochi esseri umani che vede, che egli vede come cadaveri
deambulanti. Tutto per lui è morte:
ma questa morte non è data
da lui. Di una relazione univoca si tratta. La vitalità
che
contraddistingue Eve è tesa
a nascondere la scia di elegante morte che la vampira porta con sé.
La sorella, eterna invidiosa, si macchierà
infatti
di un peccato gravissimo pur di reclamare quell’attenzione
che nessuno può darle. Il tutto
sotto la Sua tacita responsabilità.
Spetta ad Eve allontanare Adam da falsi propositi di suicidio: la plastica
tragicità
del
gesto altro non è che
fonte d’ispirazione
per entrambi. A disagio in un mondo che non li soddisfa, rifiutano la strada
della Morte, la più semplice.
Essi vogliono fare del mondo una costante ricerca. La loro missione è
trovare
il suolo pronto ad accogliere il loro Amore, la loro disumana speranza.
Il
notevole finale, che splendidamente si perde fra una squisita musica “orientale”
e
la languida disperazione di una notte Tangerina, unico punto del film in cui la
Morte si insinua fra i protagonisti, sembra comunque darci una risposta
definitiva a quel “Perché
tutto
questo?”:
per dimostrarci che possono nascere degli splendidi fiori anche in questo
deserto che chiamiamo Terra.
Mattia Orizio