Premessa
dell'autore
Quello
che segue è un testo teatrale. Pensato, programmato e scritto per la scena. Non
solo. Il testo che segue è scritto in forma di monologo, forse il genere
teatrale più complicato da scrivere, dirigere e intepretare. O perlomeno, è il
più complicato per il sottoscritto.
Il
bravo attore, come in una prova di abilità, entra ed esce continuamente dalle
scene, dai momenti di narrazione e dai personaggi. Toccherà quindi in buona
parte all'attore (e non meno al regista) dare ai vari momenti, alle varie bolle
spazio-temporali la consistenza, la diversità e la caratterizzazione
necessaria.Quanto ai personaggi, essi in buona parte si presentano autonomamente al pubblico, quindi eviterò di elencarli all'inizio come si usa di solito.
Per questa ragione alcuni passaggi del testo potranno risultare macchinosi al lettore, a tratti perfino oscuri, al netto delle scelte registiche della messa in scena, che peraltro permette di fare su un testo teatrale ogni tipo di modifica necessaria a rendere i suddetti passaggi leggibili per il pubblico.
Ho provveduto in ogni caso all'inserimento di note e didascalie, cercando di non esagerare nelle spiegazioni; di lasciare cioè la possibilità al lettore di muoversi negli spazi del sottotesto e di formulare un'idea non univoca della possibile messa in scena.
IL
SOLDATO AUSTRIACO
C'erano una volta venticinque soldatini,
tutti fratelli, perchè tutti fusi fuor dallo stesso vecchio cucchiaio di stagno.
Avevano il fucile con la baionetta in
ispalla, la divisa rossa e turchina, proprio bella, e tutti guardavano diritto
dinanzi a sè. La prima cosa che udirono al mondo, quando fu tolto il coperchio
della scatola, fu il grido: «Soldatini di stagno!» Chi aveva gridato così,
battendo le mani, era un ragazzo, e i soldatini gli erano stati regalati per
Natale.
Egli li mise tutti sulla tavola: ogni soldato era
identico agli altri; soltanto, per quello che era stato fuso per ultimo, non
era rimasto stagno abbastanza, e così gli era venuta una gamba sola; ma egli
stava altrettanto saldo sull'unica gamba, quanto gli altri, che ne avevano due;
e fu appunto questo soldatino che si distinse.
Mi
chiamo Hans Bauer, sono un soldato austriaco.
Sulla tavola, sulla quale si trovavano,
c'erano molti altri balocchi; ma quello che più attirava lo sguardo era un
grazioso castello di cartone.
I miei
genitori si chiamano Willem e Clara.
Dinanzi al castello, certi alberelli erano
piantati attorno ad un pezzettino di specchio, che doveva raffigurare un
limpido lago; e sul lago nuotavano specchiandosi alcuni piccoli cigni di cera.
Ho
amato una sola ragazza, si chiama Sophie.
Tutto questo era molto bello; il più bello di tutto, però,
era una piccola signora, ritta vicino al portone aperto del castello; anch'essa
di cartone, ma con un vestito di velo leggerissimo, ed un sottile nastrino
azzurro sulle spalle.
Ho 22
anni.
Arrotondava con grazia le braccia al di sopra del capo,
perchè era una ballerina, e teneva un piede così alto, per aria, che il
soldato, non vedendolo, credette che anche lei avesse una gamba sola.
Mi
chiamo Hans Bauer. Io sono quello che muore.
Nuova
traccia musicale. Personalmente, in teatro amo molto il contrasto stridente che
si può creare con tra l'atmosfera di una scena che sta per venire o è appena
stata, con una musica di tutt'altro clima. Come vedere un clown che piange. La
mia scelta è ricaduta su Perfect Day, di Lou Reed.
Segue
un dialogo. Si rende chiaramente necessaria una trovata registica che permetta
all'attore in scena di intepretare contemporaneamente due personaggi, e
abbastanza semplice da essere intuitiva per il pubblico e non far crollare il
ritmo dello spettacolo. Un cambio di fronte può essere efficace, oppure
indossare e levare un cappello, indossare la giacca militare a mezza spalla,
come naturalmente sfruttare diverse capacità vocali.
(Fischietto)
Soldati fuori dalle buche! (fischietto)
Fuori dalle buche! (fischietto)
Domani
attraversiamo il Vallone incontro agli austriaci e andiamo fino in cima a quota
2.105, teniamo la posizione e aspettiamo i rinforzi, armi pronte, munizioni e
granate per ogni uomo! Attenti alle tane delle mitragliatrici, niente corse
brevi! L'ultima volta hanno usato anche i gas e i lanciafiamme per domani
prevedono vento contrario, quindi dovremmo essere protetti almeno finche non
siamo a distanza ravvicinata.
Attacchiamo
appena finisce il bombardamento, risaliamo il crinale, tagliamo i reticolati e
poi fino a destinazione: se vedo qualcuno tornare indietro, fermarsi o
abbandonare il proprio posto, giuro sul Re e suoi Savoia che se non gli sparo
io lo faccio fucilare appena rimette piede al campo!Soldato!
Hai
portato la scatola di medicazione?
-
Signorsì signore, la
porto con me nello zaino.
-
Tirala fuori!
-
Signorsì.
- Aprila. (si rovescia tutto il contenuto)
-
Signorsì.
-
Cosa contiene?
-
Garze...bende,
signore.
-
Quante sono?
-
Dieci, mi sembrano
dieci.
-
C'è dell'altro??
-
Una fiala.
-
Tintura di iodio!
Memorizzate questo nome! Ora prendi le istruzioni contenute! Decalogo del
soldato ferito, del professor Gustavo Lusena di Genova. Facciamo un bel
ripasso per tutti, ad alta voce!
-
Uno...non toc..toccare
mai la fe..rita né con le dita, né col faz..z...zoletto.
-
Soldato, non sai
leggere? Qual'è il tuo reparto?
-
Signore, non so
leggere bene, signore, pochi anni a scuola, troppo pochi...stavo ai
rifornimenti fino a tre giorni fa, poi mancavano uomini nella buche e mi han
messo in trin...
-
C'è scritto regola
numero uno: Non toccare mai la ferita né con le dita, né col fazzoletto, né con
altro oggetto che non sta nel pacchetto di medicazione! Regola numero due!
-
Due...Copri al più
pre..presto con la garza. Tre..non lavare mai la f..ferita né con acqua né con
soluz...zioni che puoi credere disin...disinfettanti. Quattro. Se possiedi
tintura di Iodio, applicala intorno alla ferita.
-
Regola numero Cinque!
Se siete feriti al ventre, non si beve e non si mangia! Continua!
-
Sei...se hai una
ferita anche lie..ve al capo, và subito a farti medi...care al posto di
medicazione.
-
Ricordate che le
ferite alla testa sono le più pericolose: andate, subito, al posto di
medicazione senza pensarci due volte! Regola numer sette...se la ferita butta
sangue, fasciatela. Quando vi fasciate, non fasciate troppo stretto fino a far
diventare tutto gonfio, o farete solo un grosso favore al nemico e alora tanto
valeva che vi sparasse un po' meglio! Otto!
-
Otto...se
malgr..magr...malgrado...se malgrado la fasciatura il sangue continua a
scorrere...
- Regola numero otto, nove e dieci: a parte usare le garze e
la tintura, se siete feriti non provate a fare un cazzo di niente! Andate di
corsa dall'ufficiale medico e non provate ad improvvisarvi chirurghi! Imparate
queste istruzioni, fatevele leggere da un compagno imparatele in dialetto, non
mi importa, ma dovete saperle! Soldato! Riprenditi la tua scatola!Soldati,
rientrate nelle buche! Restate al coperto e aspettate gli ordini! (fischietto)
Venuta la sera, tutti i soldatini di
stagno furono riposti di nuovo nella loro scatola, e quelli di casa andarono a
letto. Allora i giocattoli incominciarono a giocare per conto loro: un po'
facevano è arrivato l'ambasciatore, un po' il lupo e le pecore, o la festa da
ballo. I soldatini strepitavano chiusi e ammassati dentro alla scatola, perchè
sentivano i suoni di fuori e avrebbero voluto unirsi anch'essi al gioco, ma non
riuscivano a sollevare il coperchio.
Mi
chiamo Andrea Speretti, sono un soldato italiano. I miei genitori si chiamano
Antonio e Maria. Ho 19 anni. Facevo il
cacciatore, prima. Non so leggere bene, ma so sparare bene.
Ricordo
tutti i movimenti. Fucile Carcano, Modello 1891, fabbricazione italiana.3,16 kg, 92 cm, munizioni 6,5x52 mm, 660 m/s.
Ogni azione di caricamento pronunciata corrisponde a un movimento in sequenza dell'attore.
Manubrio. Ruoto, 90°. Disimpegno le scanalature della culatta, estraggo il bossolo spento. La molla dell'elevatore del caricatore spinge in alto i proiettili rimasti. Otturatore, avanti. Incamero una nuova cartuccia. Il cane rimane in posizione. Otturatore, ruoto in senso inverso e chiudo. Non occorre altro: Sono pronto al fuoco. Sono pronto al fuoco. Sono pronto al fuoco. Mario Speretti, pronto al fuoco.
Ta pum/ ta pum/ ta pum.
Canto.
Per il clima creato fin qui e la durezza delle parole pronunciate, una versione
sussurrata, dal sentore quasi consolatorio trovo sia molto più indicata della
versione “a coro” che la famosa canzone alpina prevederebbe.
Venti giorni sull’Ortigara
senza il cambio per dismontà;
ta pum ta pum ta pum (due
volte)
Quando poi ti discendi al
piano
battaglione non hai più soldà;
ta pum ta pum ta pum (due
volte)
Ne ho colpito un altro che si era affacciato dalla buca con
troppo entusiasmo
Quando sei dietro a quel
muretto
soldatino non puoi più parlà
ta pum ta pum ta pum (due
volte)
Loro hanno usato gas e lanciafiamme, la montagna ha cambiato
colore
Ho lasciato la mamma mia
l'ho lasciata per fare il
soldà;
ta pum ta pum ta pum (due
volte)
Ne ho colpito ancora uno che si era alzato a lanciare una
granata
Dietro al ponte c'è un
cimitero
cimitero di noi soldà;
ta pum ta pum ta pum (due
volte)
Ho sparato finchè le dita non mi hanno fatto male.
Cimitero di noi soldati
forse un giorno ti vengo a
trovar;
ta pum ta pum ta pum (due
volte)
Ta pum/ta pum/ta pum!
Avevo 12 anni. Avevamo un cane,
ma non gli avevamo dato un nome. Non si usa, quando di animali ne hai tanti.
Saliva con me, in montagna, quando andavamo a caccia. Era un bravo cane, un
buon animale. Un giorno di febbraio con la neve e il sentiero ghiacciato a
tratti, il cane finì per scivolare rischiando di cadere in un dirupo. Sarebbe
di certo morto se non lo avessi afferrato per il collare e tirato verso di me.
Ma sarebbe stato meglio così.
Non gli avevamo dato un nome.
Tirato per il collare e spaventato dallo scivolone, il cane credette che stessi
cercando di strozzarlo. Mi saltò addosso e cercò di mordermi, per la prima
volta. Non ci misi molto a capire. Non era più lo stesso cane. La paura di
morire trasforma gli animali in bestie. Nemmeno a casa era lo stesso. Morse mio
padre e anche mia madre. Lo portiamo fuori in cortile. Io ho in mano il fucile. Il cane resta in posizione, ringhiando. Il suo sguardo è solo odio e nulla più. Sparagli. Sento ancora la voce di mio padre nella testa: sparagli. Sparagli.
SPARA!
Quello ha lasciato la sua posizione per aiutare un ferito. SPARAGLI! La gamba
destra è tranciata sopra il ginocchio, quello tira, tira, tira e trascina verso
la trincea, trascina e tu SPARA, MALEDIZIONE, SPARAGLI! Ma sta aiutando un
compagno, non sparo sui soccorsi, non sparo sui soccorsi...SPARA! O TORNANO
INSIEME NELLA BUCA E TI SPARERANNO IN DUE! Non ha nemmeno portato il fucile con
sé, lo lascio fare, gli sparo appena è rientrato. SPARAGLI ORA!
Stiamo
perdendo la cima ormai... SPARA E SALVA I TUOI UOMINI, SPARAGLI! Il moncone di
lui vibra e strappa come un corpo a sé. SPARA! Non ce la faccio. SPARA! Lo
lascio andare SPARA! Mi sta scappando SPARA, MALEDIZIONE, SPARA! ORA!
Non so
leggere bene, ma so sparare bene.
Quello
cade a terra di schiena per il colpo, urlando. Rotola verso il basso fino a
fermarsi a testa in giù, contro una roccia, in una posizione contorta. Urla per
almeno due minuti, poi smette e non si rialza più. Nessuno esce più dalle buche
per aiutarlo.
Quando venne il mattino e i fanciulli si
alzarono, il soldatino di stagno fu posato sul davanzale della finestra, la
finestra si spalancò a un tratto, e il soldatino precipitò dal terzo piano a
capofitto nel vuoto. Tese l'unica gamba all'aria, e rimase a baionetta verso i
basso, con l'elmo fitto tra le pietre del selciato. I fanciulli corsero subito
giù a cercare il soldatino; gli andarono così vicino che quasi lo pestavano,
eppure non riuscirono a vederlo.
Se il soldatino avesse gridato,
l'avrebbero subito raccattato; ma, essendo in divisa, non gli parve decoroso
mettersi a gridare.
Una
musica può facilitare qui il cambio di situazione. In virtù di quanto spiegato
precedentemente, e volendo tenere un fil rouge nell'intero spettacolo, ho
scelto un'altra canzone di Reed, dal significativo titolo di The Gun. Qui c'è
forse il passaggio meno chiaro al lettore, se non spiegato come sto per fare:
L'assalto alla collina 2.105 è fallito, il battaglione torna nelle trincee e i
comandanti decidono di operare una decimazione per punire la truppa del
fallimento imputato alla loro codardia. Si tratta di una pagina tristemente
nota della storia militare italiana. I soldati a turno sono portati ad estrarre
una pagliuzza -un bastoncino, un fiammifero- da un qualche tipo di contenitore
in cui se ne trovano dieci: nove sono di lunghezza normale, una sola è corta, o
di un colore diverso. Chi pesca quella diversa, indipendentemente dai suoi
meriti o demeriti, verrà fucilato come esempio. Tutte queste cose non sono
dette; vanno quindi mostrate.
Se abbiamo perduto la posizione è colpa nostra ma provi lei a combattere tra le bombe e le raffiche qui dal basso verso l'alto e poi mi dice se non fa mai un passo indietro ma sempre in avanti, perchè io l'ho fatto e adesso l'attacco è fallito avete contato fino a dieci fatto un'estrazione e quello che dev'essere fucilato sono io? Sono io?
Non portatemi contro quel muro, non dovete farlo nessuno poi lo saprà se non lo fate, perché volete ucciderci voi quando ci sono già i nemici?!
Non sei che una croce
Nessuno forse sa più
perchè sei sepolto lassù
nel camposanto sperduto
sull'Alpe, soldato caduto.
sull'Alpe, soldato caduto.
Nessuno sa più chi tu sia
soldato di fanteria.
coperto di erbe e di terra,
vestito del saio di guerra.
l'elmetto sulle ventitré
nessuno ricorda perché
posata la vanga e il badile
portando a tracolla il fucile
salivi sull'Alpe, salivi
cantavi e di piombo morivi
ed altri morivano con te
ed ora sei tutto di Dio.
Il sole, la pioggia, l'oblio
t'han tolto anche il nome d'un
fronte
non sei che una croce sul
monte
che dura nei turbini e tace
custode di gloria e di pace.
Non dovete farlo, non potete
farlo. Che dio vi aiuti, da domani. Ricordate il mio nome. Scrivetelo.
Ripetetelo. Non voglio essere un soldato senza nome in una fossa comune. Che
dio vi aiuti.
Il soldatino rimase muto e si contentò di tener l'arma
ancora più salda.
Alcuni monelli lo trovarono e lo misero a navigare su
una barchetta di carta in un rigagnolo. Lui rimaneva intrepido e non mutava
colore; guardava sempre fisso davanti a sè e teneva il fucile in ispalla. La
barchetta precipitò in un canale assai più grande; il povero soldatino si tenne
ritto perchè nessuno potesse dire d'averlo nemmeno veduto batter palpebra.
Oramai, il pericolo era così vicino, che il soldatino
non poteva più evitarlo. Già le nuvole si richiudevano sopra il suo capo. Pensò
allora alla graziosa ballerina, che non avrebbe mai più riveduto e un ritornello
gli tornò alla mente:
Soldato, dove vai? La morte incontrerai!
Una voce registrata accompagna
il cambio scena. Quanto segue è una vera dichiarazione del generale Cadorna,
che pure in altre occasioni si dice favorevole alla pratica della decimazione
per motivare i soldati.
Chi punisce con la pena di morte
si domandi sempre in coscienza, se tutto è stato fatto per parte sua, per
migliorare moralmente e materialmente le condizioni dei suoi soldati, se, oltre
a reprimere, egli ha saputo prevenire, se egli è stato a continuo contatto con
l'animo delle truppe per comprenderne le aspirazioni, i bisogni, le
depressioni, il bene e il male; se, in una parola, egli senta di dominare
veramente le forze vive che gli sono affidate, con quella scienza del cuore
umano senza la quale nessuno è mai condottiero.
Generale Luigi Cadorna
LA DONNA ITALIANA
Un altro cambio, forse il più
difficile. Il bravo attore di cui sopra dovrà evitare di cadere nei facili
stereotipi femminili e nella caratterizzazione (vocale soprattutto) ridicola e
inopportuna. Annodare la giacca in vita come fosse una gonna è già un segno
estremamente chiaro di un cambio drastico. La donna ha un secchio, come vedermo
più avanti.
Gli uomini partono e vanno a
morire in battaglia, alle donne rimaste sole tocca il duro compito di gestire
la guerra nelle retrovie. Si occupano dei lavori maschili nei campi e in
fabbrica: spruzzano l’anticrittogamico nei campi, provvedono alla vendemmia e
alla raccolta delle mele.
Puliscono
camini, producono munizioni, conducono locomotive, fanno le vigili del fuoco;
inoltre si devono preoccupare dei membri della famiglia rimasti a casa, bambini
e vecchi.
L’unico sistema per raggiungere
la prima linea del fronte, in alta montagna, è il trasporto a spalla, nelle
ceste e nei secchi, seguendo sentieri e mulattiere. Ma per effettuare questi
trasporti non si possono sottrarre militari alla prima linea senza
danneggiare...la guerra, allora l'esercito chiede aiuto alla popolazione. Io
già lavoro in una fabbrica che produce munizioni, il mio compito è pensare alle
confezioni, ma per qualche moneta in più mi occupo anche del trasporto fino in
quota. Ho sempre fatto avanti e indietro.
A 7
anni andavo al pozzo tutte le mattine e tutte le sere a prendere l'acqua per la
casa. Un secchio alla volta, calavo la corda e tiravo su. Ogni mattina. Ogni
sera. Un giorno ho legato male il secchio al gancio della corda, e quando ho
fatto per recuperare, ho perduto il secchio. Andavo al pozzo ogni sera e ogni
mattina. Ho sbattuto la schiena per terra dal contraccolpo, quando il nodo ha
ceduto e a corda si è strappata. Una volta a casa senza acqua e senza secchio,
mia madre ha preso una verga e mi ha fustigato. Colpiva la schiena là dove io
avevo battuto. Però non ho pianto.
Ho consegnato tre giorni fa una
cassa di munizioni alla prima linea mentre i cannoni tuonavano contro la
montagna. Cesta sulla schiena, mani strette sulle corde. I passi scalfiscono il
ghiaccio, la corda solca la neve, il respiro a tratti si affanna. Ho camminato
un giorno e mezzo. Ho visto, i cadaveri in fondo a vallone. Ma ho finto di non
vederli.
Ho consegnato le casse di munizioni a un ragazzotto dei
rifornimenti. Sapeva leggere anche peggio di me, c'abbiamo impiegato venti
minuti a leggere il bollo di spedizione. Munizioni 6,5x52 mm, piombo e stagno.
Lui ha firmato e io ho ripreso il mio viaggio all'indietro.
Oggi mi hanno detto che è morto. Tre giorni fa gli ho consegnato munizioni in
stagno. Oggi mi hanno detto che è morto.
Adesso dovrei presentarmi dicendo il nome dei miei genitori
e dicendo quanti anni ho.
Ma scusate, ho troppe cose da fare, oggi.
Nuova traccia musicale, per l'ultimo cambio e l'ultimo
personaggio (o meglio, coppia di pesonaggi). In questo caso, senza lasciare del
tutto Lou Reed, ho optato per Heroin, dei Velvet Undergound.
La carta si lacerò ed il soldato cadde di sotto; ma
proprio in quel momento, un grosso pesce lo inghiottì. Allora sì, che si trovò
al buio davvero! Si stava ben peggio lì che nella barchetta, e pigiati poi...
Ma il soldato rimase imperterrito, e, anche così lungo disteso, mantenne pur
sempre il fucile in spalla.
Il pesce non si chetava un momento: correva qua e là
con certi guizzi terribili; alla fine, si fermò e parve traversato come da un
baleno: e allora qualcuno gridò forte: «Oh! il soldato di stagno!» Il pesce era
stato pescato, e poi portato al mercato e venduto, ed era capitato in cucina,
dove la cuoca gli aveva aperto la pancia sventrandolo con un grande coltello
affilato.
Allora la cuoca prese il soldato con due dita a traverso
il corpo e lo portò in salotto dove tutti vollero vedere quest'uomo
meraviglioso, che aveva viaggiato nel ventre d'un pesce.
IL VOLONTARIO RESPINTO
Ultimo cambio. Siamo lontani
dai racconti relativi al fronte di un attimo fa, ma comunque collegati ad essi.
Occorre porre di nuovo attenzione al modo in cui questo cambio possa risultare
fruibile per il pubblico. Siamo in un ospedale. La luce può aiutare, intanto
perché verrà citata molto nel dialogo che segue. Si renderebbe teoricamente
necessario un camice, o un segno forte che chiarisca la nuova situazione.
Indossare la giacca militare al contrario, ad esempio, di modo da mostrare la
fodera interna bianca, è una trovata efficace e che trafigura molto il corpo
dell'attore, rendendo credibile il cambio di situazione.
-
Si faccia avanti, non
rimanga sulla porta.
La sala
dell'ufficiale medico è bianca. Mattonelle bianche alle pareti, bianco il
soffitto, bianco il pavimento. Luce, bianca.
-
Si faccia avanti, ho
detto.
-
Mi hanno mandato qui
per la visita.
-
La visita medica.
-
La visita medica.
-
Altra carne.
Arruolamento forzato?
-
Volontario.
-
Perché?
-
Servizio alla patria.
-
Anni?
-
Ventotto.
-
Vecchio. Quante volte
l'hanno già scartata?
-
Quattro.
-
Non lo capirò mai
perché siete in tanti a voler andare in quell'inferno. Siete tutti impazienti
all'inizio. Poi vi accorgete di com'è davvero e cambiate idea. Si faccia
avanti.
-
La luce e tutto questo
bianco...mi da fastidio.
L'ufficiale
medico si avvicina alla luce. Ha una gamba sola. Si infila i guanti, poi ignora
il resto del corpo ma ispeziona la bocca in maniera meticolosa.
(ispezione
della bocca)
-
Mancano dei denti. Un
bel po' di denti. Ha la gola infiammata e le ghiandole gonfie. (ispezione
degli occhi) Anche gli occhi sono rossi.
-
Ho dormito poco.
-
No, lei beve. E beve
dalla mattina.
-
Solo oggi.
-
Non è vero. Sa cosa le
fanno se la trovano ubriaco al fronte?
-
Posso fare la mia
parte.
- No invece no. All'esercito non servono soldati così. Ce ne
sono già fin troppi. Lei è respinto.
L'ufficiale
medico si allontana, girando le spalle. Esce dalla luce.
-
No la prego.
-
Le sto salvando la
vita.
-
Mi sta destinando
all'infamia! Questa è la mia prima guerra...
-
Questa guerra non è la
prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell’ultima c’erano
vincitori e vinti. Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori
faceva la fame la povera gente ugualmente.
-
Tutti devono
contribuire!
-
Contribuisca allora.
Torni a casa, raduni gli oggetti di metallo di cui puoi fare a meno, consegnali agli ufficiali di guerra. Piombo,
acciaio, stagno. Tutto viene fuso e trasformato in elmetti, coltelli e
palottole. Soprattutto pallottole. Lasci stare l'esercito, tanto presto
smetteranno di combattere anche loro.
-
Non possiamo smettere noi soli. Se no viene
qualche cosa di peggio che la guerra.
-
Peggio della guerra
non c'è niente.
-
Sì, la disfatta.
L'ufficiale
medico rimane in silenzio, forse ci sta pensando.
-
Non mi pare. Disfatta
vuol dire che si va tutti a casa.
-
Signore, lei non
capisce cosa vuol dire un'invasione, se no ne avrebbe paura.
-
Non c'è niente di
peggio che la guerra. Voi che scalpitate per il fronte non potete capire. E non
la si vince mai, la guerra, con le vittorie. Bisogna che gli austriaci smettano
di combattere. O da una parte o dall'altra bisogna smettere di combattere. E
perché allora non smettere noi? Lasciamo che vengano in Italia. Poi si stancano
e se ne vanno. Hanno un paese anche loro.
-
Vigliacco! Quelli come
lei ci faranno perdere la guerra!
Schiaffo. L'ufficiale medico guarda per terra. Il suo
sguardo è vuoto.
- Se ne vada. Lei è respinto.
La
porta stride aprendosi. L'ufficiale medico non si muove.
Luce,
bianca. Fastidio agli occhi.
Non
sono nessuno, non sono niente, nemmeno un uomo. Non chiedetemi il nome.
Il soldatino di stagno aprì gli occhi lentamente,
abituandosi alla luce. Non poteva crederci. Si trovò nello stesso identico
salotto di dov'era partito, si vide attorno gli stessi bambini, e vide sulla
tavola, tra gli stessi balocchi, lo splendido castello con la bella ballerina,
che se ne stava sempre ritta sulla punta di un piede ed alzava l'altro per
aria, intrepida anche lei. Il nostro soldatino ne fu tanto commosso, che
avrebbe pianto lacrime di stagno, se non gli fosse parso vergogna. Egli la
guardò, ed essa guardò lui, ma non si dissero nulla.
SOLDATO AUSTRIACO
Mi chiamo Hans Bauer e sono un
soldato austriaco. Vi racconto una storia.
Un uomo torna a casa sconfitto
trascinando i piedi perché la guerra non è cosa per lui. Non dice una parola a
nessuno. Apre i cassetti delle credenze, svuota la cantina e le mensole. Recupera
alcune posate che non usa da anni, vecchie monete di nazioni che non esistono
più, pezzi di una vecchia stufa, recipienti in bronzo e stagno, i soldatini con
cui giocava quando era ragazzo. Consegna tutto agli ufficiali di guerra.
Strette di mano. Ne ottiene un grande elogio.
I suoi oggetti vengono smistati
per metallo, fusi e colati. Diventeranno cannoni, diventeranno spade e
coltelli, diventeranno pallottole, 6,5x52 mm.
Una donna in fabbrica richiude
una ad una con le prprie mani le confezioni di munizioni e le carica sulla
propria cesta. La sua schiena porta ancora i segni delle sferzate subite da
bambina.
Un soldato in prima linea estrae
i proiettili dalla confezione, li inserisce a mano nel caricatore, e pensa al
suo cane. Manubrio, culatta, caricatore, otturatore,
fuoco.
Un
lampo e un po' di fumo.
A
diversi metri di distanza, io sono colpito a morte.
È quel
silenzio, che non scordo.
Non
rivedrò mai più la mia città, non rivedrò più i miei genitori.
Non rivedrò più la mia Sophie.
Per
un'idea di circolarità (e ripetitività) degli eventi che lo spettacolo in buona
sostanza suggerisce, non trovo fuoriluogo chiudere, come si è aperto, con gli
ultimi movimenti di Shostakovich – Piano Concerto n.2 Op.102, I. Allegro.
A un tratto, uno dei bambini più piccini afferrò il
soldato e lo gettò nella stufa, così, proprio senza un perchè al mondo.
Il soldatino si trovò tutto illuminato e sentì un
terribile calore: egli stesso non riusciva a distinguere se fosse il fuoco vero
e proprio, o l'immenso, ardente suo amore. Non gli era rimasto più un briciolo
di colore: fosse poi conseguenza del viaggio o delle emozioni nessuno avrebbe
potuto dire.
La ballerina lo guardava ed egli guardava lei; e si
sentiva struggere, ma rimaneva imperterrito, col fucile in ispalla. In quella,
una porta si spalancò; il vento investì la signorina, ed essa, volando come una
farfalla, andò proprio difilata nel caminetto presso il soldato: una vivida
fiamma... e poi, più nulla.
Il soldato si strusse sino a diventare un mucchietto
informe, e il giorno dopo, quando la domestica venne a portar via la cenere, lo
trovò ridotto come un cuoricino di stagno.
FINE
Conclusioni
Ho accennato
nella mia premessa al lavoro che, a mio parere, occorre facciano un bravo
attore e un bravo regista su questo tipo di testo.
Ora, io il
bravo attore l'ho avuto, e si chiama Pavel Zelinskiy.
Per chi ha
avuto modo di leggere questo testo, spero sia stata una lettura piacevole;
mentre chi ha avuto modo di vedere lo spettacolo di cui ho curato la regia,
spero possa dire di aver assistito a una brava regia. ZINNFIGUR ha
debuttato il 31 gennaio 2015 al Teatro Micheletti di Travagliato; concludo
citando i nomi di tutte le persone e gli enti che hanno sostenuto la produzione
dello spettacolo:
ZINNFIGUR
Una
produzione Il ServoMuto/Teatro e A.N.A Brescia (Gruppo di
Travagliato)
Con il patrocinio del
Comune di Travagliato.
E con il sostegno del
Comune di Borgosatollo.
Drammaturgia e regia
Michele Segreto.
Con Pavel Zelinskiy.
Per le scenografie Diego
Ossoli.
Si ringrazia il
Comitato provinciale di coordinamento delle iniziative commemorative 1914-1918.
E Nahìa Associazione Culturale.
E Nahìa Associazione Culturale.
Michele Segreto
Si forma come attore nelle
produzioni della compagnia Viandanze – culture e pratiche teatrali, poi
con Silvio Castiglioni e Giorgia Penzo, Mariano Dammacco, Maurizio Camilli e
Michela Lucenti (BallettoCivile), Marina Rossi, Giovanni Calcagno. Segue laboratori
di regia con Giovanni Guerrieri (I Sacchi di Sabbia). Studia canto e voce con
il maestro Filippo Cuscito. Lavora con Fausto Ghirardini, Maria Rita Simone,
Elena Barbalich, Rosetta Cucchi, Walter Spelgatti, Diego Veneziano. Si occupa
di storia del teatro e drammaturgia con Carla Bino, Carlo Susa e Claudio
Bernardi e di teatro sociale con Giulia Innocenti Malini. Si laurea in Storia
del Teatro con una tesi dal titolo Macbeth, il suo destino, il libero
arbitrio. Fonda la compagnia il ServoMuto con Pavel Zelinskiy e
Diego Veneziano e inizia a produrre i primi spettacoli teatrali, occupandosi
anche attivamente di drammaturgia a regia. È assistente alla regia per lo
spettacolo Le folli stagioni di Luca Micheletti per il CTB. Viene
selezionato da Claudio Longhi per un progetto di alta formazione di ERT
indirizzato ad attori, registi e drammaturghi. Lavora quindi con Claudio
Longhi, Giacomo Pedini, Donatella Allegro, Nicola Bortolotti, Michele
Dell’Utri, Simone Francia, Olimpia Greco, Lino Guanciale, Diana Manea, Simone
Tangolo. Collabora con le compagnie milanesi Elea Teatro/Industria Scenica e
Teatro Ma. Ad aprile il progetto artistico “FAR EAST – Western Urbano a
Sanpolino”, promosso da il ServoMuto/Teatro, Centopercento Teatro e
EleaTeatro/Industria Scenica, vince il Bando SPOTbs – Sostegno alla Produzione
Teatrale Off di Brescia.